domenica 1 febbraio 2009

A caccia di torri

sabato 31 Gennaio - secondo tempo

E sì che le sorprese non sono finite; mi dirigo verso la seconda tappa: Castro, pochi chilometri più a sud, alla ricerca di un'altra torre, una torre scomparsa da anni.

Non è la prima volta che succede, che una torre scompaia dico; molte di queste strutture sono talmente consunte dagli anni da presentarsi oggi in forma di ruderi, il che, agli occhi di molti incolti moderni, equivale a dire "roba vecchia". Ma "in forma di ruderi" significa, per uno studioso attento, riuscire a rilevare tantissime informazioni.

Tutto questo penso mentre mi godo il paesaggio, posso dire uno dei più belli del mondo senza esagerare? Mi godo la vista della litoranea, una carreggiata stretta e a picco sul mare, un panorama mozzafiato che mi rimane impresso nelle pupille non meno del forte profumo del mare che mi entra dal finestrino congelandomi la parte destra della faccia.

La ricerca della torre eccita la mia fame, è già da qualche ora che sono in macchina, mi fermerò più avanti in qualche bar di Santa Cesarea, un cornetto lo troverò ...spero!

Il mio amico Carlo mi ha dato le indicazioni di massima per trovare la torre; lui e la moglie, originaria di Castro sono dei bravi segugi, mi è bastato dargli pochi indizi per metterli sulle tracce dell'antica struttura, chi conosce il territorio sa come muoversi e loro hanno subito individuato la posizione giusta.

L'ultima volta la Torre di Diso era stata censita dal Faglia, lo storico studioso di torri costiere, nel 1978. Dopo è calato il silenzio tant'è che in assenza di coordinate geografiche sulla sua esatta posizione nemmeno il Cosi, altro storico studioso, era stato in grado di individuarla nel 1992.

Ma ora ci siamo, ho indicazioni precise per trovarla, non dovrei mancarla. Carlo mi ha detto che è ormai minacciata dalle vicine abitazioni, ma il rudere è abbastanza visibile anche se coperto dalle erbacce.

Entro a S. Cesarea che è ormai mezzogiorno, ho troppa fame la torre può aspettarmi; entro in un bar, non c'è nessuno, l'occhio corre alla vetrinetta dei dolci, nemmeno l'ombra; il barista non si vede, decido di andarmene. Uscendo lo vedo, è lì disteso al pallido sole di gennaio a carpire i pochi raggi che gli illuminano la faccia. Forse ha ragione lui: per un cornetto non vale la pena nemmeno di alzarsi, tanto qui i soldi si fanno d'estate, d'inverno ci si gode il clima, stancamente.

Ma io ho fame e la mia torre mi aspetta, proseguo per Castro, lì ci sarà un bar decente, magari mi daranno qualche informazione.

Sono le dodici e mezza quando mi fermo nella piazza principale, mi dirigo verso il bar, ci sono pochi avventori a quell'ora, dei ragazzi bevono birra, quasi mi vergogno a quell'ora di chiedere un cappuccino. Il bar è basso e un po' scuro, bevo velocemente e mangio un cornetto senza crema, mi devo accontentare mi dico: a quell'ora non posso pretendere altro.

Chiedo informazioni al barista sulla torre, naturalmente non sa niente, ma mi indirizza ugualmente sulla base degli altri indizi che gli propongo.

La sua collega gli ride alle spalle, poveretto ha storpiato una parola: nella foga di darmi le indicazioni il semaforo è diventato un semafero. Lei ride a crepapelle e io faccio di tutto per mantenermi serio, non ho intenzione di offendere questo volenteroso amico.

Risalgo in macchina, ormai ci siamo, mi reco sulla via indicata, ma non vedo nulla, vado avanti e indietro per un po' ...nulla. La poca gente in giro comincia a guardarmi strano, quando finalmente noto uno strano cumulo di pietre, mi fermo, sì è lei, finalmente, l'ho ritrovata.

Eccola lì la vecchia signora, così bella e così maledettamente trasandata, rovinata, insultata. Sulla sua destra un'accozzaglia di rifiuti edili di ogni tipo; alle spalle, quasi appoggiato il muretto di una casa moderna; sulla destra un altro muro similmurettoasecco delimita un parcheggio privato letteralmente addossato alla torre. Un disastro, ma esiste ancora.

Eccola qui, ma solo con un po' di immaginazione potete vederla in tutta la sua imponenza, come quando militava nelle regie milizie del viceregno spagnolo.
Torre Diso
Torre Diso

Ora è quasi invisibile ai più, un passante anche attento potrebbe passarle mille volte davanti e non vederla, un albero cresciutole in grembo ne copre le vestigia.

Chissà se la cittadinanza del luogo sarebbe contenta di riscoprire un così importante pezzo delle proprie radici, magari potrebbe prodigarsi per salvarla.

Con questi pensieri mi arrovello sulla tastiera mentre vi scrivo, è così che scopro pigiando sul link di un giornale locale che il bar è crollato, sì il bar dove ho preso il cappuccino, crollato d'un botto; ho ripensato alla risata della ragazza del bar, per fortuna nessuno s'è fatto male, una tragedia sfiorata.

sabato 31 gennaio 2009

Sabato 31 gennaio ...primo tempo
Ci sono giorni che riservano grandi sorprese, oggi è stato uno di quelli. Così sono partito di buon'ora, un salto da Lecce a Otranto per ritemprare la mente e godere dell'aria di mare.

E' la fortuna principale di noi Salentini, quella di vivere fra due mari, così diversi, così belli, così vicini da permettere di scegliere la meta a seconda del vento e dell'umore. Vuoi il mare calmo? Ascolti il vento e parti! Se è tramontana vai sullo Ionio, se è scirocco ti conviene restare sull'Adriatico. Ma oggi il problema non c'è, il vento è calmo e il mare si adegua dappertutto, e poi siamo in inverno, uno vale l'altro. Decido di andare a trovare una vecchia amica.

Fermarsi a guardare quella signora meravigliosamente incastonata in quel diamante naturale che è la costa a sud di Otranto ha sempre rappresentato il raggiungimento di un momento di grazia, la visualizzazione in immagine di una poesia.

Non avevo ancora visto la torre Minervino dopo i restauri, ed eccola, il tempo di tirare il freno a mano e scendere, è lì a pochi passi dalla strada, disponibile a farsi ammirare come una vecchia signora ancora civettuola dopo cinquecento anni.

Torre Minervino

Mi siedo a guardarla per qualche momento, il posto è in assoluto una delle zone più belle del Salento, questa costa alta a picco sul mare, la quasi assenza di qualsiasi elemento antropico, le rade boscaglie con quegli alberi dalla forma selvaggia, plasmata dalle forti correnti marine, mi aiutano a sentire il primordiale legame con la natura; è quel paesaggio a ricordarmelo, così maestoso, così spettacolare, così splendidamente naturale: cornice ideale per quegli storici monumenti che sono le nostre torri costiere.

Torre Minervino

Beh, sapevo che erano in corso dei restauri alquanto discussi, ma il risultato finale ancora non l'avevo visto; bene ve lo presento: la nuova torre Minervino si presenta linda come si fosse trattato del recupero di un vecchio condominio malandato e rimesso in sesto con un intonachino rosa che ne evidenzia la nuova facciata ripulita, perfettamente risistemata come se fosse stata costruita l'altro ieri.

Ricorda molto le moderne case salentine, tanto di moda di questi tempi: intonaco a colori caldi con superfici scabre, ma mai lisce, non si usa. Il nuovo maquillage in rosa pallido fa da pendant con la forma, un po' rigonfia tanto da farla assomigliare a una sposa, una di quelle ragazze attempate tanto avanti con gli anni da non potersi più permettere un abito bianco.

Un vero peccato dover assistere a un intervento così marcatamente maldestro, queste strutture ormai ridotte a ruderi sono belle così e, quando si decide di intervenire, occorre farlo col garbo e col rispetto che si deve a una vecchia signora, pena il rischio di farla sembrare ridicola.

martedì 11 novembre 2008

Salento: l'uso e l'abuso

Questa ridicola costruzione rappresenta il tentativo compiuto da un nostro concittadino di costruirsi una casetta vista mare in uno dei luoghi paesaggisticamente più belli della costa salentina.

L'abuso

Siamo fra la Torre del Serpe e la Palascia immediatamente a sud di Otranto. Si tratta di un tratto di costa che ancora è rimasta stranamente intatta, forse solo grazie all'orografia del territorio abbastanza aspra.

Sta di fatto che a questo signore è andata male, per fortuna; a chi non sarebbe piaciuto avere una casa con una vista così incantevole, è da comprendere il suo insano tentativo di farla franca. Ma a quanti sarebbe venuto in mente di tentare?

A quanto pare questo pensiero in Italia viene a molti, anche se da un po' di anni è difficile vedere privati cittadini che ci riescono, di solito iniziano ma poi vengono denunciati e bloccati quasi subito. I loro mausolei però saranno destinati a caratterizzare i nostri paradisi ambientali per anni. Non si capisce perché non vengano mai abbattuti.

Altrove la costa e le campagne sono ormai totalmente distrutte invase come sono da una serie interminabile di costruzioni dalle architetture improbabili: dagli chalet svizzeri ai cubotti pugliesi anni settanta con infissi in alluminio dorato; mancano solo le dacie.

Ultimamente sono in pochi quelli che riescono a spuntare delle licenze, ma quei pochi stanno riuscendo a completare l'opera di cementificazione delle coste; si pensi alla costa a sud di Castro o nella zona di Santa Cesarea; trovare un accesso al mare in quella zona è diventato quasi impossibile.

Qualcuno però ci riesce ancora, sono di solito aziende, grossi gruppi imprenditoriali, gente in grado di mobilitare grossi interessi economici e politici; da noi si sa il ricatto occupazionale funziona alla grande. L'assunto è semplice: il politico rilascia le licenze anche in zone protette, l'imprenditore costruisce, il politico segnala all'imprenditore i nomi di chi deve lavorare, l'imprenditore assume il personale per fare i lavori, a costruzione completata l'imprenditore assume altro personale per il funzionamento del complesso, gli assunti sono contenti, gli assunti votano il politico, il politico è più contento di tutti.

Il circolo virtuoso - fatte le dovute abluzioni morali per scrollarsi di dosso il ricatto che generazioni di meridionali devono subire da secoli - sarebbe anche sopportabile non fosse che spesso si esagera.

Si esagera quando si pretende di buttare giù pezzi di pineta per costruire una discoteca, oppure quando si pensa bene di costruire su un pezzo di costa incontaminato e soggetto a franare. Si esagera quando si aggredisce il bene comune per finalizzarlo al beneficio di pochi.

E' strano ma in quanti si preoccupano di alzare una mano per dire che non sono d'accordo? In quanti pensano sia opportuno difendere pezzi di territorio da riservare alla natura, magari quelli più belli? E' ridicolo vantarsi di vivere nel posto che tutti gli Italiani ci invidiano e poi non fare nulla per difenderlo; fra qualche anno non ci invidierà più nessuno, stiamo facendo la fine della costa romagnola e della costa ligure, qualche anno dopo ... nel bene e nel male noi siamo sempre in ritardo.

lunedì 10 novembre 2008

Energia: paesaggi deturpati

Mi capita sempre più spesso: sono in piena campagna a fare foto e mi ritrovo sempre un palo che mi impalla l'inquadratura.
In questo caso, tre inquadrature dallo stesso punto, non c'era verso di liberarsene, si incrociavano ovunque; ma io dico, ma non li pagano?

Enel - Pali - Paesaggio

Enel - Pali - Paesaggio

Enel - Pali - Paesaggio

... e soprattutto, ma dove vanno? ... da dove vengono?

Una di queste file, come potete notare, si ferma nel nulla!

domenica 2 novembre 2008



Discover Salento
Salento through painterly eyes

E' il mio primo libro fotografico, un primo, piccolo, contributo alla mia terra.

Si tratta di un lavoro attento e appassionato alla ricerca dell'intima bellezza di questo estremo lembo d'Italia durato un anno e mezzo; un anno e mezzo passato a cercare i luoghi della Salentinità nel tentativo di scoprire le sue icone più rappresentative.

Un primo risultato è racchiuso in questo volumetto, una collezione di immagini dei suoi luoghi più affascinanti che gli amanti della fotografia non potranno che apprezzare.

Chi fosse interessato ad acquistarne una copia può farlo a questo indirizzo:

Salento through pa...
By Gianfranco Budano

domenica 26 ottobre 2008

Passeggiate verdi ... o quasi

Metti una domenica normale: una gita fuori porta, una amena passeggiata in campagna, una rilassante camminata fra prati fioriti e pingui paesaggi agricoli. Questo era il Salento una volta, ora non più ...o, quantomeno, non sempre.

Mi capita spesso di uscire a fare qualche fotografia, d'altronde da quando non fotografo più per professione, sono tornato ad essere un felice fotoamatore. Le mie foto, visibili su Flickr, sono abbastanza apprezzate e raccolgono numerosi consensi da tanti amici sparsi per il mondo.

Con queste immagini cerco di far venire fuori tutta la salentinità, sinonimo per gli indigeni, di prepotente bellezza del clima e del paesaggio, di amore incondizionato per la propria terra e per i suoi struggenti paesaggi.

Capita sempre più spesso però di incontrare discariche abusive in mezzo alla campagna, non sono rare purtroppo, anzi sono piuttosto frequenti. E' sufficiente uscire dalla città fare qualche metro di passeggiata per scorgerne qualcuna.

Nella maggior parte dei casi si tratta di rifiuti edili provenienti da qualche casa ristrutturata che qualche imprenditore con pochi scrupoli e poco danaro, ha deciso che non è peccato buttare dove capita.

A noi resta l'obbrobrio di questo degrado ai margini delle strade o fra le radici di qualche uliveto.

Una soluzione però ci sarebbe, se qualche politico legge se ne faccia promotore: la tassa per lo smaltimento delle macerie delle ristrutturazioni la si faccia pagare all'atto della presentazione del progetto, almeno così togliamo la scusa a questi signori di non potersi permettere il costo della discarica.

Gli uomini coraggiosi cercano soluzioni, i codardi cercano scuse!

mercoledì 22 ottobre 2008

Un giorno nella riserva naturale delle Cesine

Il mare è arrabbiato oggi, forse sa quello che siamo venuti a fare: siamo qui, siamo qui per documentare lo scempio.




Partiamo da San Cataldo, siamo diretti alla Riserva Naturale Statale Le Cesine, zona umida di importanza internazionale alle porte di Lecce. Seicentoventi ettari di ricca vegetazione frequentata da una variegata fauna stanziale e migratoria. E' uno dei tratti residui di antiche paludi; la normalità sulle coste salentine fino a poche decine di anni fa.


Riserva Naturale Statale Le Cesine

Siamo un gruppo di amici, ci unisce la comune passione per la fotografia e l'ambiente; con noi anche Anas, cittadino giordano in Italia per motivi di studio, segue un master ISUFI in e-business. Viene con noi per fare una passeggiata, camminerà per sette ore e mezza, la maggior parte delle quali trascorse su un'incantevole spiaggia piena di rifiuti; ce ne vergogniamo un po'.









Lo sfregio comincia subito, deambuliamo per venti minuti su di un chilometro di spiaggia interamente impedito alla stragrande maggioranza dei cittadini leccesi. Intorno generalmente spazzatura, ancora poca per la verità in confronto a quella che ci aspetta; in compenso siamo immersi in un mosaico di architetture balneari a base di cemento armato arrangiate e senza né capo né coda; discutibili fantasie e creatività da quattro soldi la fanno da padroni, una sequenza di stabilimenti riservati, orrenda offesa alla bellezza dei luoghi, sui quali il demanio ha distolto entrambi gli occhi da tempo.









Non riusciamo a concepire come qualcuno abbia potuto impunemente, e nell'omertà più assoluta, effettuare colate di cemento a due metri dal mare. Né come qualcuno abbia potuto costruire, non più tardi di poche ore prima del nostro passaggio strutture inamovibili sull'antica colata.






Fra uno stabilimento e l'altro orrendi muretti in mattoni di cemento ostruiscono il passaggio. L'arroganza di pochi a tanto arriva, il pubblico diventa privato abdicando così alla funzione di sorveglianza del rispetto delle regole che istituzionalmente gli compete. Come non bastasse qualche stupido ragazzino al quale concederemo l'attenuante dell'età, ha scarabocchiato la solita, poco originale, dichiarazione d'amore per la propria belloccia.

Camminiamo da trenta minuti e gli abusi non finiscono; ci chiediamo come sia stato possibile, come si sia arrivati a questo orrore, in così pochi anni. Come si sia potuto permettere che l'arroganza di pochi possa deturpare in maniera così pesante un bene inalienabile della comunità.









Altri cinque minuti, un altro disastro, una costruzione di cemento; si tratta di uno scarico fognario, un lungo canale maleodorante taglia la terra accoltellando il mare. Tutto intorno l'aria è resa appena respirabile dalla tramontana, particolarmente sostenuta oggi. Il sole è forte però, è così che un uomo, incurante del contesto, si è accucciato al riparo del canale per godere del primo sole. Contento lui.








Entriamo nella zona di spiaggia prospiciente la riserva, ci accolgono i rifiuti; più tardi una guardia forestale ci spiegherà che il limine del parco è segnato dalle dune; di là la spiaggia, di qua la riserva, in mezzo le dune e tanta, tanta spazzatura. Di là il paradiso, di qua l'inferno.





Un runner attempato, ma ancora tonico come un trentenne, corre incurante delle bottiglie di plastica che infestano la spiaggia. La quantità di spazzatura è enorme, non riusciamo a documentare con le immagini lo sfregio perpetrato su questa costa. Quintali, tonnellate di rifiuti, palesemente ignorati da anni di miopi voltagabbana. Si tratta per lo più di rifiuti buttati giù dalle navi, ma non si può concepire come, dopo anni di belle promesse, di convocazioni in pompa magna degli stati generali del turismo, di bei discorsi sul tema della valorizzazione dei nostri tesori ambientali, nulla si sia ancora prodotto per la salvaguardia, la difesa e la pulizia di questo tratto di costa.



Camminiamo per ore, il paesaggio è sempre lo stesso, un mare da favola a sinistra, rifiuti e macerie di ogni tipo ovunque e la riserva a destra.

Non esiste quasi tipologia di rifiuto che non possa essere contemplata nella nostra lista: lampadine e frigoriferi, onnipresenti complessi di plastica e rifiuti edili, bambole e bombole del gas; e ancora tanta, tanta di quella legna da poter alimentare la nota focara novolese per il prossimo anno. Da non crederci troviamo persino un caterpillar, colonizzato da nidi di vario genere.











La natura come sempre combatte, gli animali nidificano ovunque anche su questa spiaggia disperata. Qua e là strani fiori dal suadente colore lilla hanno colonizzato le sparute zone franche, quelle ancora libere dalla vergogna. Anche le margherite fanno la loro parte, ma la loro forza poco può contro l’enormità del peso di una bottiglia di plastica, così si spostano, continuando la loro lenta battaglia contro il male, una battaglia persa in partenza, le forze nemiche sono preponderanti.





Infine i nuovi frangiflutti, messi a difesa del parco quando il mare, quest'inverno, aveva invaso gli stagni compromettendo seriamente l'habitat, fungono ora da filtro per i rifiuti. Questi ultimi, infatti, vi rimangono impigliati come nella rete di un pescatore. Presto la barriera si rinforzerà, piena come sarà degli scarti delle navi.




Camminiamo da quattro ore e mezza finalmente scorgiamo la meta, un pezzo di spiaggia quasi pulita, un raduno di amanti del kite surf; siamo stanchi di tanta bruttura, ne approfittiamo per scattare qualche immagine a questi simpatici sportivi.



Abbiamo raccolto dieci giga di spazzatura, la troverete qui, a pesare sulle coscienze di tutti: di quelli che non sapevano, di quelli che sapevano, e di quelli che da oggi non potranno più far finta di non sapere.

Una frase ci passa per la mente: Napoli, Napoli alle Cesine.

Sforziamoci di fare qualcosa, noi abbiamo scattato qualche foto, voi diffondetele, e insieme diffondiamo la nostra indignazione. Ingeneriamo vergogna in chi deturpa, in chi ignora ed in chi dovendo controllare, per troppo tempo ha abdicato alle proprie responsabilità.